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Albert Camus: tra miseria e bellezza

Conosciamo uno degli autori più letti durante la pandemia
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Camus è stato uno degli scrittori più letti durante il periodo del lockdown: il suo capolavoro, «La Peste», grazie al parallelismo con la realtà vissuta quest’anno, ha tenuto compagnia a moltissimi lettori durante il confinamento tra le mura domestiche. Vediamo di conoscere meglio questo straordinario personaggio: scrittore, filosofo, giornalista e premio Nobel per la letteratura.

Camus nasce in Algeria francese nel 1913, in una modesta famiglia di coloni francesi. Questa condizione segna la concezione di sé stesso per tutta la sua vita: straniero, ovunque. In Algeria, è considerato tale, date le origini familiari. Così come a Parigi, dove si trasferisce dal 1940.

Forse è proprio da questa contraddizione interiore che nasce una delle sue opere più importanti: «Lo Straniero», pubblicato nel 1942. Quest’opera è considerata dai critici uno dei romanzi capitali della letteratura universale, nella quale Camus racconta la storia di un delitto assurdo e denuncia l’assurdità di vivere e dell’ingiustizia universale.

Nella letteratura dell’assurdo le cose accadono, esistono, e nel pensiero esistenzialista l’accento è posto sull’esistere, cioè il modo d’essere specifico dell’uomo, caratterizzato dalla irripetibilità e dalla precarietà.

Camus ne diventa un esponente, pur non considerandosi mai tale. Il suo pensiero è controcorrente rispetto ai totalitarismi di quegli anni: anticapitalista, antifascista e anticomunista, sostiene la prevalenza dell’idea sull’ideologia.

Nel 1947 scrive «La Peste». La storia è ambientata in una città algerina negli anni ’40, dove la vita scorre intensamente, tra il lavoro e gli affari dei suoi abitanti. Improvvisamente e inspiegabilmente, scoppia un’improvvisa moria di ratti. È questa, in realtà, la prima avvisaglia del terribile flagello che sta per abbattersi sulla città. La storia dell’epidemia che si diffonde presenta delle forti analogie con quanto vissuto a causa della pandemia da Covid-19, e proprio a ciò si deve il rinnovato successo in questo 2020.

Nel 1957 Camus viene insignito del Premio Nobel, con la seguente motivazione: «per la sua importante produzione letteraria, che con serietà chiarificante illumina i problemi della coscienza umana nel nostro tempo.»

«Troppo presto», dirà lui. «Appena in tempo», diciamo noi. Appena tre anni dopo, Camus, malato da anni di tubercolosi, muore sulla strada per Parigi in un incidente stradale, insieme al suo editore. Nella sua tasca, un biglietto ferroviario inutilizzato, segno che probabilmente avesse pensato di usare il treno, cambiando idea all’ultimo momento. Un colpo di scena finale, che pare scritto dallo stesso Camus.